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Spotify, YouTube, TIM Music, TikTok, Amazon, GooglePlay, AppleMusic, Deezer, Trecent: ecco quanto pagano REALMENTE gli store digitali

Streaming: questa volta ho esagerato.

Ho analizzato circa 10.000.000 di stream di artisti italiani, e ringrazio tutti coloro che mi hanno mandato i loro rendiconti finanziari per poter arrivare a questo numero.

Significa che invece di fidarmi di servizi come Streamingroyaltycalculator, ho voluto toccare con mano quali sono i reali incassi, suddivisi per store e indicando il valore della royalty minima, massima e media.

L’ultima ricerca del genere la avevo fatta tre anni fa, possiamo quindi vedere che cosa è cambiato negli ultimi 1.000 giorni.

Partiamo con il mostro di tutti gli streaming: Spotify, e già possiamo confermare un calo delle royalties, di ben 10 punti.

Media Spotify royalties 2017: 0.0033 per stream
Media Spotify royalties 2020: 0,0023 per stream

Un calo annunciato e da molti previsto, ma comunque (senza voler esprimere un giudizio) bizzarro; perché gli stream aumentano così come gli utenti, eppure non c’è un minimo di giustizia digitale per label e artisti.

Vediamo che questo calo delle royalties non tocca solo Spotify.
YouTube, nel 2017, agli artisti italiani pagava una media di 0.0042 per singola view monetizzata.
Nel 2020 anche qui siamo scesi a 0.0031, steso calo di Spotify.

Con questa triste notizia per i conti correnti degli artisti italiani, ecco la tabella degli store con il costo Massimo/Minimo/Media delle roytalties.

Il vostro occhio è andato subito sui picchi blu di Spotify e YouTube vero?
Questo perché il valore delle royalties continua ad essere frastagliato, non solo da piattaforma a piattaforma, ma anche da paese a paese, da utente a utente, da abbonamento ad abbonamento. Un caos incredibile con centinaia di fasce di prezzo unitario che cambia (quasi) ad ogni singolo ascolto.
Dunque.
E’ vero che Spotiy ha pagato questa play, proveniente dalla Svezia (forse direttamente da casa di Daniel Ek), ben 10 centesimi di Euro, così come quella di YouTube (sempre 10 centesimi) ma dall’Inghilterra; ma è altresì vero che è un solo caso, sporadico, unico, quasi raro… sicuramente molto più raro delle views/plays a 0,000001 (cosa è, un milionesimo di Euro?).
Guardiamo però la media pagata da ogni singola piattaforma, e scopriamo che in Italia abbiamo uno store dalle uova d’oro, si chiama TIM Music:

Analizzando i 10 milioni di stream, vediamo come la media del pagamento di ogni singola royalty inizia a prendere forma dando un vero (o quanto meno possibile) panorama dal quale trarre conclusioni.

Quindi, se dovete far ascoltare il vostro disco, fate in modo che gli ascoltatori vadano su Tim Music, mentre il più importante negozi di streaming mondiale (Spotify) ha purtroppo la media più bassa, battuta solamente dalla Cinese Trecent.
Ecco i dati in tabella:

1 TIM 0,01345753
2 Napster 0,00825465
3 Amazon 0,00761787
4 TikTok 0,0066364
5 AppleMusic 0,00653177
6 Tidal 0,00629427
7 Google 0,00424601
8 Deezer 0,00422884
9 YouTube 0,00310838
10 Spotify 0,00235391
11 Trecent 0,00091968

Come avete potuto vedere, ho inserito negli store anche TikTok, mentre per Facebook e Instagram ho bisogno di un maggiore approfondimento perché ci sono dei numeri ‘assurdi’, ad esempio stream pagati anche 5 Euro. Sono dei casi isolatissimi, per carità, ma merita uno studio a parte.

CONCLUSIONI

In questo caso le conclusioni sono centinaia, e più che conclusioni ci sono delle domande alle quali mi piacerebbe avere delle risposte.

Nei prossimi giorni continuerò ad estrarre numeri e classifiche, differenzierò i dati per paese e per piattaforma; utilizzate i commenti per chiedermi maggiori informazioni o per suggerirmi nuove comparazioni.

 

12 Comments on “Spotify, YouTube, TIM Music, TikTok, Amazon, GooglePlay, AppleMusic, Deezer, Trecent: ecco quanto pagano REALMENTE gli store digitali

  1. Grande Fabrizio come sempre! Sarebbe bello calcolare, in baso ai fatturati degli store, in punti percentuale quanto incide in punti percentuale il pagamento delle royalties.

    1. Ciao Marco,
      è un calcolo che posso fare, anche se i fatturati sono sempre difficili da leggere, soprattutto i bilanci.

  2. è veramente un casino,esce un artista italiano in una label tedesca,quindi come campagna di marketing in italia bisogna concentrarsi sulla Tim col flusso di utenza,in una’altra nazione altra campagna diversa,ma parallela? ho capito bene

    1. Beh, se l’artista esce a livello internazionale dovrai concentrati sui DSP internazionali, o quanto meno far comunque scegliere all’utente.
      Poi, sui vari store nazionali, puoi fare delle strategie specifiche.

  3. Ciao Fabrizio, rispetto alla tua analisi, come si collega il tema del value gap, in particolare riferito a Youtube? é ancora presente? impatta sulla media di pagamento che hai descritto?

      1. Grazie Fabrizio, sono molto d’accordo. Facendo proprio riferimento a questo approfondimento, è vero che il focus del report è sul mercato globale, ma, seguendo l’articolo IFPI, mi sarei aspettato che in termini di royalties youtube pagasse meno rispetto a spotify. E’ un esempio di come di fatto questi valori cambino sui diversi mercati/paese, o mi sto perdendo qualche aspetto che non rende le due analisi confrontabili? grazie

        1. Diversi mercati e paesi, certo, ma anche differente contenuto.
          Uno YouTuber o un vlogger quotidiano, possono arrivare a un CPM altro e quindi con una migliore monetizzazione.
          Io ho analizzato rendiconti di musicisti.

  4. Una precisazione. Napster e tidal non pagano le royalties da Gennaio 2020. Imusician ha sospeso la pubblicazione su Napster. Perchè non l’hai segnalato ? A giugno già si sapeva questa cosa.

  5. Ciao Fabrizio e a tutti. Complimenti per il blog, mi sono iscritto. Anch’io sono un artista, ho pubblicato circa 40 canzoni con la label inglese Ditto, alla quale ho aderito da Dicembre 2019 e questo blog mi ha dato risposte alle quali nemmeno la label fin’ora ha saputo (o voluto) darmi. In primis per quanto riguarda i reports da Napster e Tidal. Sono certo di aver ottenuto streams su queste due piattaforme perchè ho amici che le utilizzano, e non ho mai visto nessun report da loro nelle mie rendicontazioni. Ho chiesto spiegazioni a Ditto ma non mi hanno nemmeno risposto.
    Comunque, al di là di questo, mi ha colpito l’analisi fatta sull’ammontare delle royalties generate dalle varie piattaforme musicali, anch’io pensavo che Spotify pagasse qualcosa in più che 0,0023€ di media 🙁
    Timmusic sembra interessante ma non ho le mie canzoni lì, pare che la mia label non le ha inviate a loro, la piattaforma non compare nell’elenco di tutte quelle a cui mandano il materiale. Pongo una domanda: Posso fare una richiesta specifica alla label di inviare i miei brani anche a Timmusic oppure se non è previsto che possano farlo, come potrei risolvere? Dovrei cambiare label?
    Grazie anticipate e un saluto da Stephano 🙂

    1. Ciao,
      Ditto è un distributore internazionale e purtroppo non tutti i distributori hanno TIM Music nella loro offerta.
      Puoi chiedere loro se possono inserirlo, oppure optare per un distributore che includa TIM Music, come ad esempio TuneCore.

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