#BandDaIncubo

#BandDaIncubo 05: Pornosurf – “La Reina Del Surf” ovvero, perché andare fino a Tenerife per fare musicade******?

Ammetto due cose:
  • Il titolo è molto clickbait
  • Il batterista è un fico
  • Non sfottete il punk che ci tengo molto

Ammetto una cosa:

  • Le cose ammesse sono tre

I Pornosurf fanno punk, e il surf del nome gli serve come tavola di stile per dare una risposta a una domanda che nessuno gli ha mai posto (cit. Zen Circus): cosa vuol dire fare punk-surf nel 2018?

I loro pezzi si trasformano in canzoncine innocue perché hanno semplicemente unito due cose con la resina, stanno bene insieme ma non sono ergonomiche, non servono a nulla; è solo un tutorial per mostrare la rapidità della colla, non per comunicare qualcosa di nuovo.

 

I Pornosurf suonano bene, sia chiaro, e riescono a portare la loro colla musica fuori dai confini isolani, in Russia, Repubblica Ceca e perfino negli Stati Uniti e Messico, un po’ come Pupo. Perché? Perché l’idea è carina, ma come può essere carina la musichetta di un cartone animato: la senti innocua, veloce, anche simpatica, ma pur sempre una musichetta da cartone animato. E quando finisce non ne senti più il bisogno.

Ah, sono anche sponsorizzati Vans, un grande mistero commerciale.

E fin qui, tutto sommato, potrebbero anche cavarsela se solo guardassimo i dati: tour, fan, endorsement.

Ma il più grande dei problemi arriva con il video che mi hanno sottoposto, questa “Reina del Surf” che si presenta con il suo fondoschiena manco fosse la pubblicità di Trump sul ruolo delle donne nella società. E poi questo enorme clichè della festa sulla spiaggia con una bambola gonfiabile, tutti che bevono, tutti che si divertono… ma non sono attori, quindi si capisce che non è che si divertano poi così tanto. Lo fanno perché i Pornosurf gli hanno offerto da bere, quindi hanno accettato di ‘divertirsi’: “Dai ragazzi venite che facciamo un video!”, “Ehem, no non posso”, “Dai sarà una figata”, “Ehem, no non posso”, “C’è il bar libero”, “Allora poesse che vengo”.

Il Pornosurfer Emanuel ci ha detto che il video non piaceva molto neanche a loro, ma non volevano intaccare la creatività del regista; errore macroscopico.
Se siete voi a commissionare un clip, dovete anche supervisionarlo perché vi rappresenterà sempre.

E qundi: perché andare fino a Tenerife per fare musicademmerda?

Ma se sei andato fino a Tenerife, credo di dire a te Emanuel, perché non diventi orgoglioso di questa scelta e invece di far finta di ‘stare a Los Angeles negli anni ’70 pensando a come era bella la California dei ’60’, non ti liberi di tutti questi luoghi comuni e ragioni su cosa sia veramente tuo, veramente vostro; ecco, né il punk né la musica surf sembrano appartenervi.

Se devi fare una ricerca musicale, falla secondo regole che puoi gestire e vivere, e il punk e la musica surf non sono certo elementi che puoi ‘gestire e vivere’: sicuramente il punk. E così rimane la classica musica surf, impossibile da allocare nel 2018.
Invece di mettergli una gomma da masticare in faccia, dipingergli i baffi o giocare con una bambola gonfiabile, potreste ideare due generi:

  • Genere A: Surfatronica. Surf ed elettronica, ossia: alzare il volume del povero tastierista e guardare all’EDM come stile di riferimento.
  • Genera B: Surfadelic: Surf e psichedelia, ossia: rallentare i BPM, ingrandire le onde e guardare George Clinton.

Il fatto che tu sia in mezzo all’oceano non ti obbliga a copiare la California, ci abbiamo messo 20 anni per toglierci di mezzo i rapper che si atteggiavano all’ammericana, vi prego non iniziate con il punk-surf (che poi, se guardate bene alla fine, non ci credete nemmeno voi a quello che state suonando).

Addios!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *