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Spotify data: se pensate sia solo una piattaforma musicale vi sbagliate

I dati sono come il petrolio, ma questa volta (forse) ci siamo accorti abbastanza presto del loro effetto collaterale.

Ma non possiamo pensare che Facebook sia l’unica azienda a conservare terabyte su di noi e sul nostro comportamento.

E’ uscito un articolo su TheTrichordist dal titolo: “Spotify Is Deeply Integrated With Facebook: How Safe is Your Streaming Data?” che andrebbe letto da tutti; io mi permetto di fare un breve riassunto.

La prima cosa da spiegare è che ogni applicazione, soprattutto quelle gratuite, conservano i nostri dati e li condividono con terze parti, spesso inserzionisti.

Se pensiamo a Spotify, la immaginiamo fortemente legata a Facebook, tanto da spingere l’utente a loggarsi con il proprio profilo; “Addirittura”, come spiega l’autore dell’articolo “quando mi sono iscritto con la mail, Spotify ha fatto in modo di riattivare il mio profilo Facebook che avevo cancellato“. Se a questo aggiungete il fatto che spesso si naviga dimenticandosi di attivare l’ascolto privato, ecco che quello che ascoltiamo diventa di dominio (potenzialmente) pubblico.

Ma dove vuole arrivare TheTrichordist?
“Coloro che pensano Spotify sia una piattaforma musicale si sbagliano. La maggior parte degli ascolti arriva dalla versione AdSupported dove le NOSTRE canzoni vengono scambiate con i VOSTRI dati, e questi dati vanno direttamente a Facebook“.

Il fatto è che noi occidentali viviamo in paesi ‘tendenzialmente’ liberi, dove c’è libertà di culto e delle proprie preferenze sessuali “Ma in alcuni paesi determinate informazioni personali possono portarti alla morte” chiude il sito che promuove l’hashtag #StopArtistExploitation

What about countries that punish/criminalize anything but super normative heterosexuality?

Clicca qui per tutti gli articoli su Spotify.

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