#BandDaIncubo

#BandDaIncubo: Libero – “Binnajaah”

In fondo all’anima, se guardate bene, un po’ di patchanka mediterraneo c’è sempre. Lo so, da fastidio: è sempre lì a ricordarti i doveri di umano abitante in mezzo al mare nostro, di quanto sia importante la cultura, l’inclusione, la potenza dei suoni originari.

Insomma, è sempre con la faccia da professorino a sgridarti se ascolti troppa musica straniera; e allora parte il ‘tun cha cha bum’ delle percussioni centro africane, con le corde di strumenti sconosciuti e progressioni armoniche radicali, al limite del Trumpismo.

Vi ricordate Lucio Dalla cosa diceva in “Il Cucciolo Alfredo”? Eccolo: “La musica andina, che noia mortale, sono più di tre anni che si ripete sempre uguale”. Se sostituiamo ‘musica andina’ con ‘musica mediterranea’ e ‘tre anni’ con ‘VENTI anni’, vedrete che pure le vostre palle diranno: “Che noia mortale!”.

Ma non si fa. Non si dice, perché effettivamente è una cultura immensa che va oltre il giudizio personale. Anzi, giustamente se ne frega di quello che penso io, perché tra l’altro “’Binnajaah’ è una parola araba, che in italiano si traduce in ‘Buona Fortuna’” si legge nella descrizione del video “E’ un messaggio di augurio, di speranza, rivolto a tutti i popoli, a tutti noi. Culture diverse, creano nuovi uomini.”. Quindi il mio giudizio diventa piccolo piccolo difronte a queste leve emotive, giusto?
Ma gli etnomusicologi non sapevano che presto sarebbe arrivata l’arte del blogging e dei profili dove puoi dire quello che ti pare perché è la tua vita.

Quindi: a stento reggo i Mau Mau, di poco ammetto il patchanka mediterraneo, leggermente apprezzo la svolta sudamericana dei Negrita e tanto meno il modo di cantare di Piero Pelù, se poi tutto questo viene rappresentato da Libero. (il punto è nel suo nome d’arte), secondo voi cosa sta urlando il mio corpo?

Voto: 🌍🌍🌍🌍🌍👎👎👎👎👎

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