Sento più spesso musicisti o etichette puntare tutto su Spotify, sulle playlist popolate da migliaia di utenti, sugli algoritmi che possono far volare un singolo brano.
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La cieca e famelica ricerca del numero porta inevitabilmente al fallimento, così come Facebook monitora i click delle vostre pagine e non accetta quelli di dubbia provenienza (ossia i fan comprati), anche Spotify tiene d’occhio le vostre performances e può rimuovere il vostro disco se nota movimenti sospetti.
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Ma il rischio di cadere della trappola dei play ‘comprati’ avviene anche se siete convinti di non fare movimenti azzardati; magari vi siete affidati ad agenzie di promozione contenuti convinti che realmente promuovano la vostra musica attraverso veri fan.
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E’ quello che è successo ad Ari Herstand nel momento in cui si è affidato a Streamify credendo che fosse una normale agenzia di promozione, ma che ha accettato il cliente senza neanche ascoltare i brani.
La proposta economica è stata succulenta, 150 Dollari per 50.000 stream, solo che Spotify ha riscontrato un abuso e ha fatto il take down dell’intero album del povero Ari.
Nel momento in cui volete lavorare con un’agenzia che promette di promuovere il vostro album su Spotify, assicuratevi che ci siano i giusti presupposti, le giuste persone, in quali playlist possono inserirvi e che ci sia un lavoro organico basato sulla vostra musica.