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La tecnologia che confonde: FIMI e OEL, due storie italiane

Che OEL faccia musica di merda non c’è dubbio, ma non è un fake artist; ma, appunto, chi sono i fake artist di Spotify?

E poi: la FIMI che fa confusione inserendo nel conteggio dei dischi d’oro di un’altra settimana? Questa storia però si è autorisolta con un articolo su RockIt e non serve più commentarla.

Ma partiamo da OEL e dalla sua “Le Focaccine dell’Esselunga” che secondo AllMusicItalia, sarebbe Leonardo Cecchetto (figlio di cotanto padre) e avrebbe realizzato il brano insieme ai ragazzi di CiaoBelli/Radio Deejay. La traccia, che vi sconsiglio di ascoltare, sembra più una presa per il culo ai vari Sferaebbasta, Achille Lauro e in particolare a Izi che sembra ricopiarlo nello stile e nella metrica delle frasi.

E’ quindi ufficialmente e obiettivamente un brano di merda, ma come tale va ascoltato e soprattutto non confuso con i veri fake artist di Spotify (tra l’altro ‘Le Focaccine’ non è presente nè nell’archivio SIAE nè in quello SoundReef).

Questi fake artist sono la nuova versione della storia “Vuoi passare in radio? Dammi 6 punti SIAE”, artisti che vengono inseriti da Spotify nelle playlist più ascoltate racimolando milioni di plays; molti milioni di plays rendono qualche milione di Dollaro, e secondo Vulture, questi dollari vengono poi spartiti tra i fake artist e Spotify stessa.

Ma poi, su Billboard (testata pro-establishment per eccellenza) appare una ‘vigorosa’ smentita rilasciata da Spotify: “We do not and have never created ‘fake’ artists and put them on Spotify playlists. Categorically untrue, full stop. We pay royalties — sound and publishing — for all tracks on Spotify, and for everything we playlist. We do not own rights, we’re not a label, all our music is licensed from rightsholders and we pay them — we don’t pay ourselves”.

Ma allora, se non ci fanno un Dollaro, perché mettere nelle playlist premium artisti finti? Non sarebbe il caso di inserire vera musica, anche di merda come quella di OEL, ma comunque musica.

Poi ci sono testate come Music Business Worldwide che hanno stilato un elenco dei fake artist e quanti milioni di stream hanno realizzato: 520 milioni di plays! Per un totale di 3 milioni di Dollari in royalties!

Personalmente conosco uno di questi fake artist, un musicista compositore che collabora con un’etichetta che distribuisce musica attraverso playlist specifiche, ma nessuna di queste è marchiata Spotify, devo ammettere.
Funziona così: il compositore scrive un brano e lo vende all’etichetta che diventa così autore ed editore, poi lo piazza in playlist e riceve le royalties dallo streaming.

Su questo nulla da dire.

Il problema sarebbe se Spotify chiedesse un certo numero di punti editoriali per inserirlo nelle playlist premium.

 

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