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L’Ultima sCena e il Capitalismo Musicale. Perché è l’assenza di filtri a liberare il pensiero critico.

Mi interessa molto l’articolo scritto da Francesco Galassi (FRANCESCO!) in risposta a Damir Ivic, due visioni differenti dell’attuale momento musicale italiano.

Damir, da una parte, esalta le grandi prestazioni degli artisti italiani che dall’underground si sono spostati al ‘megamainstream’ con concerti sold out nei palazzetti (Lo Stato Sociale, TheGiornalisti) e presenze in TV (Manuel Agnelli, Levante).

Dall’altra parte, Francesco risponde che si tratta solo di moda, ma fondamentalmente della generale incapacità della massa/gente di riconoscere la qualità rispetto alla mediocrità.

Sarò tacciato di cerchiobottista democristiano, ma secondo me hanno ragione entrambi: le critiche sono giuste e basati su buoni presupposti.

Ma come è possibile tutto ciò?

PRIMO (Damir, ti rubo il layout)
Il cursore impazzito della rete crea infinite variabili, polverizza generi, fonde stili e libera il gusto. E’ la fine della ‘scena musicale’ formata da artisti e pubblico che banchettano insieme, diciamo che è l’Ultima sCena, quella del bacio di Giuda che prima va a vedere TheGiornalisti, poi, in gran segreto, rimedia pure i biglietti per le audizioni di XFactor. Se prima queste due cosa non dovevano esistere, adesso sarebbe assurdo imporre un comportamento dogmatico, e quindi: Dottor Sticazzi.

SECONDO
La follia del cursore di cui sopra ha arato via, in pochissimi anni, tutta quella fascia di professionisti che formava il filtro, il famoso quality check: i talent scout/A&R scoprivano gli artisti, li facevano firmare presso le etichette, gli uffici stampa li portavano nelle redazioni delle riviste e i promoter negli uffici delle radio. Magazine e network erano i grandi filtri. A volte sbagliavamo, a volte ci azzeccavamo, ma l’ascoltatore questo non lo sapeva; la cosa importante era che solo una parte di artisti passava questa fase. Diciamo che c’era meno inquinamento.

TERZO
Adesso chiedetevi: da quanto tempo non leggo una recensione? Da quanto tempo non ascolto un nuovo artista alla radio? La progressiva e inesorabile scomparsa dei filtri ha creato l’effetto della disintermediazione, questa parolona tanto bella che riempie la bocca significa: io ascoltatore (che faccio parte della gente/massa) non ho più bisogno di Fabrizio Galassi che mi dica quali dischi devo comprare, ma li ascolti direttamente e stabilisco IO se mi piacciono o no.

QUARTO
Disintermediazione
e polverizzazione non sono però parole brutte. Cioè, sì, sono brutte, ma il loro significato mira alla liberalizzazione del ‘pensiero unico alternativo’, toglie il senso di obbligo di appartenere a una scena (appunto l’Ultima sCena), ma al tempo stesso crea il Capitalismo Musicale dove il migliore è il più seguito non il più bravo (Damir, Francesco, ammettetelo il Capitalismo Musicale è geniale ;-))).

QUINTO
E allora perché la gente/massa va ai concerti dei TheGiornalisti?
Perché anche loro sono succubi del Capitalismo Musicale.
Come dice Francesco Galassi: “Abbiamo la percezione di vivere un’età d’oro perché ‘adesso tocca a noi’, perché i Thegiornalisti noi li andavamo a vedere quando suonavano nei piccoli club, perché Levante l’hai intervistata con la webzine di tuo cugino quando ancora si girava solo se la chiamavi Claudia”. Poi sono esplose le views, i plays e i follower ed è scattato il Capitalismo Musicale.

SESTO
Ora. Fortunatamente in questi due casi il più seguito è anche il più bravo. Ma ammettiamolo, la grade madre del loro successo e della loro celebrità (non popolarità) è stata Mamma Radio che ha proiettato nell’universo le loro canzoni (TheGiornalisti e Levante), ha fatto in modo che in un determinato momento milioni di persone ascoltassero nello stesso istante quella/e canzone, l’esatto opposto della ‘polverizzazione’. Come, ad eesempio, riempire il Forum o il Palalottomatica è l’opposto della disgregazione web.

CONCLUSIONE
Dopo l’Ultima sCena e il Capitalismo Musicale, capite che piano piano si ristabiliranno le vecchie forze, tutte tranne il Grande Filtro. La radio rimarrà sempre il miglior vettore, anche se istituzionale, per la promozione di un brano che unirà nello stesso istante migliaia di orecchi e cuori, la TV unirà principalmente gli occhi. Ma sarà la rete a definire il grado di popolarità di un artista, il cui ultimo esame sarà il concerto. O come dice Damir, alla fine saranno “premiati […] coloro che sono entrati nel mondo della musica per passione, per gioco, con disincanto, e non col pallottoliere da commercialista al proprio fianco”.

 

Che il cerchiobottismo democristiano sia con tutti voi.

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