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Mannarino alla Black Lips-festa

Questa è una recensione in risposta a quella di Daniele Piovino (Blak Lips – ‘Arabia Mountain’) pubblicata su Vitaminic.it.

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Mi sono presentato a questa indie festa piena di ragazzini eccitati dall’alcool, iper felici e con chiavette USB piene di MP3. La busta di birre che ho in mano mi fa entrare come se fossi l’amicone di turno, così tutti mi salutano ma nessuno osa chiedermi chi io sia.
La probabile padrona di casa ha il trucco da rifare e sta ridendo sguaiatamente con un altro imbucato venuto controvoglia,  ma lui ha in mano una bottiglia di Matusalem. Lo tengo d’occhio, prima o poi andrò a fare elemosina di un cicchino.

Inizio il mio giro, ascolto quello che manda il portatile, robetta; ai comandi c’è un trentenne con gli occhiali, lo spingo in un angolo, gli chiedo cosa stia architettando e iniziamo a parlare di musica. Buttiamo sul piatto un po’ di nomi per annusarci: “James Blake?” “Divorato”, “Magnetic Man?” “Mmmm…”, “I Cani?” “Finalmente!”, “The Naked and Famous?” “Sono i nuovi MGMT!”, “Vaccines?” “Sono i nuovi Strokes!”, addirittura; proviamo sul pop, “Adele?” “Non l’ho ascoltato”, “Femme Fatale di Britney Spears?” “Pigli per il culo?”, “No” “Si, tu pigli per il culo”, “No ti dico, l’hai ascoltato?” “No”, ah i pregiudizi, “Mannarino?” “Tutti dicono sia un fenomeno…”; e poi arriva il proprietario del Matusalem, atterra sul nostro pianeta e attacca: “È solo vanità, e credo che questo dipenda anche dall’aumento dell’IRPEF, perché nel periodo in cui i Linkin Park vendettero trenta milioni di dischi il codice della strada subì alcune modifiche… [dopo 10 minuti] …per impedire la pubblicazione di Newermind [Newermind?] È anche scritto nell’emendamento sette”; il trentenne occhialuto evita di mandarlo a cagare e opta per un’approvazione su tutta la linea, io (sicuramente mi avrà scambiato per un trentenne) sono un po’ spaventato, ma so che il Matusalem liscio può fare molto male. Infatti caracolla verso il portatile, tira fuori la sua USB e infila nel PC l’ultimo dei Black Lips.
Appena parte il tipico suono di Ronson ritorno a parlare con il trenenne con gli occhiali: “Dicevi?” “Si, del fatto che Mannarino sia considerato un fenomeno, secondo me lui vorrebbe essere un cafone romano, anzi IL supercafone”. Mi piacerebbe ricordarmi la supercazzola del pischello gonfio di Matusalem che ascolta “Arabia Mountain” con lo stesso pregiudizio, ma rovesciato, dell’occhialuto che non ascolta la Spears ma ne parla male.
E allora parto: “Caro trentenne occhialuto, capisco che Mannarino può arrecare una non simpatia causata dal suo successo televisivo, dal suo essere additato come l’erede di Capossela”, ora lui “Pigli per il culo?”, “Un Re senza regno”.  Che ho detto? Sto facendo un pippone antropologico fuori luogo all’interno di una festa con un QI 15.

Ma c’è un casino, cantano tutti: “Che cantano se non sanno neanche una parola del testo?” “Spidey’s Curse” mi dice Mr Matusalem.
Già che ci so’ attacco il Mannarino-promo anche con lui: “…ma il giovane Mannarino tenta una missione molto più ardua, ossia ridonare al romano, o al romanesco, quella poesia tolta dalla televisione o dai cine-panettoni; da grazia alla cadenza, riporta la fantasia nel lessico testaccino”. Mr M sbadiglia e mi allunga una ‘cosa’ con molto rum. Ormai posseduto dalla ‘cosa’ continuo: “E lo fa con canzoni rebetiche, vecchie di centinaia di anni, con ritmi anziani e danze pensionate; ma sono composizioni magiche nelle quali ascoltare una profondità culturale fortunatamente ben radicata nel nostro linguaggio”.
L’occhialuto ascolta da dietro, Mr M l’ho perso cento parole fa.
Mi volto e persisto: “Sta di fatto che sul primo album aleggiava l’innocenza. Sul secondo c’è il mestiere di via de’ Coronari che con due pinze e una tenaglia si costruisce una canzone sul filone d’oro del folk”. “Poi?”. “Poi c’è l’universalità: l’altra cosa ‘maggica’ di Mannarino. La possibilità di suonare ovunque e trasformare l’ovunque dove suona. E’ successo nella spocchiosa sala Santa Cecilia dell’Auditorium Paro della Musica di Roma, trasformata in un campo ROM; e succede nelle sagre più paesane, trasformate in spocchiose sale d’ascolto.”
In piena fenomenologia borgatara concludo: “Quindi ‘Supersantos’ arriva a confermare il giovane Mannarino che ancora ha concetti da infilare e il romano da poeticizzare e l’italiano per comunicare e canzoni da pitturare”.
L’ho detto, mi sono liberato. Sono ubriaco, sudato ed eccitato, e arriva pure Mr M che dice: “Tieni Mandarino, fatti l’ultimo sorso!”. Gli sono piaciuto.

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